Le tematiche relative alla psicologia dei gruppi e dei gruppi di lavoro emergono come argomento di grande interesse sin dagli albori della psicologia.
Nel 1921 Freud, in Psicologia delle masse e analisi dell'Io, individua i processi di identificazione quali elementi chiave della natura dei legami che uniscono i membri di un gruppo sociale al loro capo. L’amore sublimato è per Freud uno dei due fondamenti del sociale; la seconda forza è la coercizione violenta. Tutta la complessità del sociale viene ricondotta alla seconda topica: ponendo al centro i processi di identificazione, il capo incarna l’ideale dell'Io mentre la coercizione violenta diventa il Super-Io; Freud, non a caso, relega le espressioni più regressive dell’esperienza sociale – quelle riconducibili all’Es - in tutte quelle situazioni che non sono strutturate come nel caso delle folle.
Wilfred Bion, allievo di Melanie Klein, ha contribuito in maniera significativa alla comprensione del funzionamento dei gruppi sociali introducendo i cosiddetti assunti di base che sono tre: dipendenza, attacco e fuga, accoppiamento.
Secondo Bion le dinamiche affettive di gruppo sono capaci di riportare in superficie quelle angosce profonde primarie che già la Klein aveva individuato nel suo lavoro.
Bion pone come centrale l’Io all’interno delle organizzazioni lavorative al fine di contenere quei fattori legati all’emotività che potrebbero riattivare le angosce primarie. Bion allarga, di conseguenza, la dimensione regressiva che Freud aveva attribuito alle folle, includendovi ogni esperienza di gruppalità e, quindi, anche i gruppi di lavoro.
Freud era estremamente pessimista rispetto all’idea di una psicoanalisi delle organizzazioni che non andasse oltre obiettivi di mera conoscenza. La posizione di Bion, seppur comunque pessimistica, apre uno spiraglio, ponendo come obbiettivo quello di portare razionalità nell’irrazionalità, Io nell’Es.
Altro contributo da citare è quello di Elliott Jaques, alto allievo di Melanie Klein, al quale, nel primo dopoguerra, venne commissionata dal governo inglese una consulenza in ambito di conflitti di lavoro. Questa esperienza gli offrì l'opportunità di lavorare per un lungo periodo in ambito industriale. L’osservazione prolungata lo portò alla distinzione, in ambito organizzativo, tra struttura sociale e cultura: struttura sociale quale insieme dei ruoli occupati dalle persone e la struttura gerarchica, cultura quale insieme delle norme, abitudini, divieti e quanto altro - non scritto - caratterizza una specifica organizzazione. Jaques sottolinea quanto la cultura agisca come difesa dalle angosce persecutorie e depressive.
Le organizzazioni di lavoro sono attraversate e addirittura strutturate nel profondo dalle dinamiche emotive. La conoscenza e consapevolezza di queste dinamiche nascoste risulta essenziale per comprendere e, laddove possibile, indirizzare la dimensione affettiva associata ai processi di cambiamento e il cambiamento risulta possibile soltanto se l'angoscia secondaria è sufficientemente forte da mettere in crisi gli stessi meccanismi di difesa.
Senza parlare ancora di processi psicotici nelle organizzazioni come fa Jaques, risulta di sicuro interesse studiare le disfunzioni organizzative legate a comportamenti nevrotici come negli studi di Kets de Vries.