Anche decisioni percepite come razionali sono, di fatto, nient'altro che razionalizzazioni a posteriori utili a giustificare un determinato atteggiamento, una scelta, un’azione.
Per molti imprenditori l'impresa rappresenta molto di più che una questione economica, essa rappresenta quasi un'estensione di sé, un luogo sicuro tra realtà interna e realtà esterna dove poter mettere in scena le proprie fantasie e padroneggiare le proprie angosce.
Molti comportamenti degli imprenditori sono collegati alle relazioni oggettuali precoci ossia a come le relazioni con i genitori e alle altre figure di accudimento influenzano più avanti negli anni gli atteggiamenti nei confronti del lavoro: il sé arcaico e le rappresentazioni oggettuali continuano ad esercitare un influsso forte per tutta la vita. Non è detto che tali influenze pregiudichino il risultato a cui l'imprenditore mira e anzi, in certi casi, esse possono aiutare il raggiungimento di un risultato eccezionale rimanendo costantemente nascoste.
Si tende in certe circostanze a minimizzare il ruolo che i leader svolgono all'interno delle organizzazioni assumendo un punto di vista più deterministico su ciò che fa funzionare bene un'azienda e si posa spesso l'attenzione sui fattori esterni (leggi di mercato, disponibilità delle risorse, ecc). Non si vogliono negare questi aspetti che sono sempre di fondamentale importanza nella lettura delle dinamiche di un'azienda ma il paradigma clinico può aiutare ad aggiungere al mosaico ulteriori tasselli: ci riferiamo alla spiegazione di tutti quei comportamenti che esistono all'interno di un'organizzazione che sembrano non avere una spiegazione o quantomeno una spiegazione razionale. Anche decisioni percepite come razionali sono, di fatto, nient'altro che razionalizzazioni a posteriori utili a giustificare un determinato atteggiamento, una scelta, un’azione.
Ci si chiede fino a che punto la patologia dell'organizzazione rifletta quella del suo leader. Dobbiamo ricordare che chi detiene il potere tende a creare imprese compatibili con il proprio mondo interno e con il proprio specifico assetto di personalità.
Essere dei manager e dei leader capaci presuppone, oltre ad una buona conoscenza del proprio lavoro, anche il saper interagire in maniera efficace con gli altri che siano collaboratori, dipendenti o superiori, ricordando che ognuno ha un proprio assetto di personalità. È essenziale riconoscere le nostre stesse emozioni, gestirle ed utilizzarle orientandole a scopi specifici e al tempo stesso riconoscere le emozioni degli altri e saperle gestire al meglio. Le emozioni all'interno delle organizzazioni costituiscono un enorme potenziale o un enorme problema e per questo è fondamentale non trascurarle (a tal proposito si parla di management emotivo). Il potere delle emozioni è strettamente collegato al contagio emotivo ovvero alla capacità delle emozioni di propagarsi all'interno degli ambienti sociali.
Questo contagio può diventare distruttivo quando è inconsapevole ma può anche diventare uno strumento essenziale se utilizzato consapevolmente per il bene dell’insieme.
Per i leader carismatici che abbiamo conosciuto nella storia - parliamo anche di personaggi controversi quali Mussolini, Stalin, Hitler - l'utilizzo delle emozioni è stata una chiave essenziale per la gestione del loro potere e per la ricerca del consenso. All'interno delle organizzazioni c'è una discreta consapevolezza di quanto le emozioni possano essere influenti: ne risulta una tendenza ad esprimerle in maniera controllata. A controllare maggiormente le emozioni sono probabilmente i subordinati nei confronti dei loro superiori mentre più frequente troviamo nei manager stili emotivi più estremi.
Volendo identificare un continuum lungo il quale si muovono questi stili emotivi possiamo individuare, ai due estremi, i leader ipomaniacali e i leader alessitimici.
L'ipomania è una mania lieve che si colloca in una classe di disturbi dell'umore solitamente descritta come disturbo bipolare - il DSM IV distingue tra disturbo bipolare I, II e ciclotimia, caratterizzati da una gravità progressivamente minore. Mentre il disturbo bipolare I presenta delle gravità che inficiano probabilmente in maniera totale la capacità di lavorare, è frequente trovare, in ambito organizzativo, persone con disturbo bipolare II e ciclotimia: queste due forme sono caratterizzate da periodi di euforia ai quali si alternano momenti di sconforto. Sono persone alla ricerca costante di nuovi stimoli che hanno spesso idee brillanti ma anche labili.
L'entusiasmo dell'ipomaniacale è coinvolgente e, per questo, capace di trascinare e motivare gli altri ma, il fatto che diventi facilmente intollerante ed attribuisca agli altri la colpa degli insuccessi, genera, in chi lo circonda, confusione e difficoltà nel comportarsi.
Se nell'ipomaniacale abbiamo un eccesso di sentimento, possiamo trovare, dall'altra parte, persone che hanno una mancanza di sentimenti: certe persone sono incapaci di instaurare con gli altri relazioni profonde mostrando un distacco emotivo che si estende in qualsiasi ambito della vita. Non esistono per gli alessitimici momenti di gioia o di entusiasmo ma tutto sembra permeato da una costante apatia, sono analfabeti emotivi, usano esclusivamente il pensiero operativo e tutto il loro linguaggio e la loro espressività sono caratterizzati da estrema concretezza. Alessitimia vuol dire letteralmente mancanza di parole per le emozioni.